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prefazione del traduttore xxxv

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parlando a sé stesso» (beninteso, nel senso dell’individuo pensante che parla tanto a sé stesso quanto agli altri, comunicando con loro; nel senso, cioè, individuale insieme e universale). Ecco: si affaccia alla fantasia una macchia, un’ombra, una figura incerta, un movimento di torbida sofferenza o di allegrezza indistinta e confusa, e perciò sofferenza anch’essa. Che cosa è mai? È, per ora, il moto del sentimento, che cresce a tumulto, a misura che la fantasia appunta la sua potenza creativa per conoscerlo, per individuarlo quale è propriamente, lucido e netto: lo spirito si tende tutto nello sforzo, nell’agitazione lirica dell’attesa laboriosa: e finalmente, liberato e rasserenato, gusta la gioia di avere edotto dall’intimo la propria creatura di piacere o di dolore, la propria creatura lirica, individuata limpida e viva nella parola, nel verso, nell’armonia musicale, nell’orazione politica, nella statua, nel dipinto, nel personaggio e nei personaggi del dramma, nell’edifizio, nel monumento. La creazione dell’opera d’arte è avvenuta. E tale è, primieramente, il discorso abituale della lingua corrente, in cui il processo lirico interno, per quanto facilitato dall’abitudine e dall’uso tradizionale, si manifesta nell’elocuzione adoperata, nella disposizione delle parole, nell’espressione del viso e del gesto, e via specificando. La creazione dell’opera d’arte, dunque, è avvenuta; ma chi ne è il vero autore? È questo il punto decisivo, la cui definizione ci d; il criterio del gusto e del giudizio per sentire e avvisare

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