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lii | prefazione del traduttore |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Nietzsche - La Nascita della Tragedia.djvu{{padleft:48|3|0]] irresistibile del fervore della vita precipitante alla morte, il disfrenamento selvaggio del satiro caprino ed ebbro che cova irriducibile in ogni carne d’uomo, il trascorrimento delle passioni e della loro cieca violenza, ebbene, tutto questo è, sì, il torrente della volontà che si scava l’alveo naturale nel campo dell’azione, ma non ha nulla a spartire né con la poesia né con la musica. Come la poesia, la musica sorge quando la passione è trascesa, quando l’io individuale è sparito affatto nell’io lirico universale. La tragedia è un’espressione artistica pura e semplice, costituita di un unico elemento, come le altre: l’arte è tutta di un pezzo, non ammette compositi, per quanto armonici o arieggianti armonia: la tragedia non nacque, se non quando Apollo ebbe inghiottito Dioniso.
E l’anticristo è inghiottito dal cristo. La concezione di questo giovine assetato di bellezza e di nobiltà ideale, invocante la risurrezione del mito dell’eroismo e del sacrifizio a elevazione della vita, a redenzione dalle umane miserie, si risolve in un libera nos a malo, per cui l’uomo, conscio dell’orrore e delle tenebre che fanno il fondo e l’essenza della realtà, abnega il proprio individuo, e il dolore e il male che come individuo gli sono ingeniti, nell’ebbrezza travolgente della Volontà universa; e, insiememente, afferma il proprio individuo fenomenico emancipandolo dal fenomeno, dall’«apparenza», nella liberazione di un’apparenza superiore, che è «apparenza dell’apparenza», visione pura, pura contemplazione,