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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:119|3|0]]d’una madre, d’una sorella, e i giorni d’uniforme tranquillità, e le sere passate a recitare una preghiera, che facea più calmo il sonno della notte. Poi eccole venire innanzi quel giorno che Lucillo, figliuolo di Marchesino Stanga, guidava da quelle parti la caccia fragorosa; e sopravvenuto dalla sera, fermavasi a pernottare nella casa paterna di lei. Quel giorno fu l’ultimo di suo riposo. Il signore sapeva le arti di piacere alle fanciulle: la fanciulla era incauta, nè la paterna cura era bastata a sradicarle di cuore i semi d’un orgoglio crescente. Egli parlò d’amore; fu ascoltato; addio alla virtù. La fanciulla de’ campi è dama nei palagi di Cremona, accarezzata, festeggiata.

Ma l’ambizione, non l’amore l’avevano data in balia al signore; onde, allorchè, svampata la passione col soddisfarla, egli sdegnò una donna di bassa nazione la prospose ad altre, ella, che presto aveva cessato di amare chi l’aveva rapita alla virtù, cercò distrazione ed obblio in nuovi peccati. Ben presto il palazzo dello Stanga fu pieno del racconto di scene sue scandalose; ma poichè l’onore, ultima virtù dei corrotti, non consentiva a lui di ributtare nel nulla donde l’aveva tolta, una fanciulla che pure egli stesso avea messa nel trionfo di una società viziosa, Lucillo fermò d’allontanarla sì, ma in luogo dove ella potesse vivere pari al grado; a cui egli l’aveva assunta.

Il castello di Bellagio era stato fabbricato da suo padre con comodità e magnificenza. Ma, dopo che il lago fu infestato dalle scorrerie de’ Cavargnoni e de’ partitanti dei Francesi e degli Spagnuoli, disputantisi il possesso della povera Italia, non offrì

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