Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
116 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:124|3|0]]suoi nol credono, dei quali il più ostinato è il marchese Del Vasto, che ottenne dall’Imperatore fosse bandito un premio a chi lo consegnasse vivo o morto, e reo di lesa maestà chi lo nascondesse».
Quanto ella diceva era vero; com’è vero che i gran delinquenti amano avvicinarsi alcun essere innocente, e rendersene protettori, o per fare inganno a sè stessi con questo facile atto di virtù, o per avere uno almeno che li benedica, fra tante maledizioni su loro scagliate.
A quel racconto più pensoso divenne il Morone, e nelle parole sue scorgevasi un’esitanza, che la signora voleva interpretare per l’incertezza di chi ama. Onde, per farlo pure ardito, — Mi pare, o cavaliero, che da alcun tempo voi mi nascondiate qualche secreto. Che non vi aprite con me? Non sono io donna capace di sentire gli affetti al pari di voi?»
Tanto l’amore, la speranza le facevano velo, che aspettava di vederselo cadere ai piedi, e confessarle come la amasse. Egli all’incontro, — Sì (le disse), pur vi rivelerò, o signora, un pensiero che da lungo tempo nutro in cuore. Io amo.
— E chi? Beata colei che avete prescelta?
— La fanciulla che voi proteggete: e, se voi ed essa acconsentite, intendo farla mia».
Un fulmine che le fosse scoppiato a’ fianchi non avrebbe tanto scosso la signora, quanto una tale rivelazione. Amore, invidia, orgoglio, rabbia tutt’insieme l’assalsero: avrebbe imprecato, ma la frenava il sicuro volto del cavaliero. Sorse, passeggiò più volte taciturna lungo la sala, poi s’arrestò in faccia a lui che mai non n’aveva dipartito gli occhi, e — Cavaliero, avrei creduto che un gentiluomo par