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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:126|3|0]]lasciato comprendere alla fanciulla d’amarla, con quegli atti impercettibili a tutti fuorchè a chi n’è l’oggetto: nè essa poteva rimanersi indifferente alle belle e sode virtù di lui. Ora al vederne il fare contegnoso, non sapeva renderne ragione a sè stessa; e quand’egli partì lanciandole un’occhiata, non l’intese, ma le parve d’inesprimibile rimprovero. Il pensiero della vendetta frattanto accelerava i battiti del cuore alla signora Isotta, che, se non poteva essere lieta di questo amor suo, neppur voleva che altri ne godesse.
Scese l’altra sera, e come fu fatta buja, l’Estella si calò di nuovo alla spiaggia, ed entrata nel battello, diede mano al remo, e radendo terra terra quel sinuoso lido che ora noi abbiamo rimpetto, volgeva giù verso Limonta. La luna velavasi tratto tratto d’alcuna leggiera nuvoletta, onde la luce, ora piena, ora scema, dipingeva le più bizzarre figure sulle cline dei monti e sul velo del lago. Quando più chiara splendeva, sopra il fosco del lido facea spiccare la candida figura dell’Estella, avvolta in semplice vesticciuola, e cui, tra il remigare, svolazzavano all’aria notturna le più belle ciocche di cappelli corvini. Così vogava sinchè arrivò là dove scorgete addentrarsi quel seno, tra uno scoglio ed un cespuglio: ed ivi ricoverata la barca, seco tolse una fiscella, e su per l’erta.
Ma un occhio la spiava. Il cavaliero, desideroso di chiarirsi quanto si fosse ingannato nel crederne l’anima pura e bella, aveva appostata da lungi la navicella; ascoso dietro le fratte, l’avea vista approdare, e subito erasi avviato sugli snelli passi della fanciulla. Lungo tempo la seguì coll’occhio, poi