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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:135|3|0]] È vero che, quando fu discostata dalla riva, e la barca per robusta e ben regolata, tratto tratto minacciava capovoltare, e i più arditi remiganti impallidivano sotto al sudore che largamente pioveva dalla loro fronte, la dama tutta risentivasi, e rabbrividiva, e pensava: — Se un’onda mi sommergesse! — Ebbene? sarebbe finito — finito — finita questa agitazione d’inferno: finita la guerra fra me e gli uomini: — tutto finito. — Ma sarebbe veramente finito tutto?»
E qui l’animo suo veniva risvegliando pensieri da un pezzo disusi, offuscati, ma non disgombri mai; pensieri d’una qualche cosa di là dalla tomba; d’un potere più che mortale. — Trasaliva, gelava, sudava, chiudeva gli occhi, ma quando nessun oggetto più la distraeva, le si paravano innanzi più vive le immagini spaventose d’un avvenire sconosciuto: allora spalancava gli sguardi intorno alle ondate, ai lampi; nè il terrore per questo cessava.
Toccarono in quel mezzo alla riva destinata: due bravi, saliti, trassero a forza il vecchio, che, entrato nella gondola, — O signora, chiunque voi siate che usate meco tal violenza, vi ricordi che diverrete vecchia anche voi, che dovete morire.
— Zitto, vecchiardo imbecille! fu la corrucciata risposta della signora; alla quale dispostosi esso a tacere, volsero al ritorno.
Quetava a poco a poco la procella nel lago, ma più viva si faceva nell’animo d’Isotta. Le parole del vecchio eranvi sonate a fondo: — divenir vecchia! — morire! — e per quanto tentasse sviarle dall’orecchio, dal cuore, sempre vi echeggiava più profondo, più ostinato, quel divenir vecchia, morire.