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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:136|3|0]] Ed ecco dalla riva un suono incerto. Era la campanella de’ frati, che, nell’universale silenzio delle creature, batteva a rintocchi, annunziando al mondo addormentato che un’anima cristiana era per abbandonare la terra.
Come il vecchio l’intese, trattosi di capo, cominciò la preghiera insegnata da Cristo, indi il salmo della misericordia e le preci onde la Chiesa fa congedare dai fedeli un loro fratello, che li procede ad una vita senza fine. I barcajuoli rispondeano di conserva, e quell’uniforme pregare, risonando, unica voce umana, fra lo squasso degli elementi, pioveva sul cuore una mestizia soave al giusto. — Ma al malvagio! ma ad Isotta!... Rizzò sulle prime la fronte per impervi silenzio, le mancò la voce. — Quel pensiero dell’agonia, quella stanchezza del delitto, giganteggiava, ingombrava l’animo. — Non potè resistere — curvò la faccia tra le palme, e ruppe in una foga di lacrime. — Era salva.
Quando s’avvicinarono al lido, essa balzò la prima in terra, e senza pensare al vecchio che rimaneva nella barca, su, arrampicossi al castello, entrò taciturna, attraversò le sale, le stanze — oh che memorie! e venuta nel suo gabinetto, si lasciò cascare ai piedi d’una Madonna, reggente sulle braccia il Bambino celeste, e sorridente a quelli che la guardavano, quasi in atto d’assicurarli che la loro prece sarebbe esaudita. Ivi prostrata, pianse, pregò; — pregò con orazioni da gran tempo dismesse, ma che allora le si venivano sgrovigliando per la memoria, richiamando altri tempi, altra pace.
Il cavaliero e l’Estella, che, colla disperazione in cuore, empiendo le camere di strida, venivano per