Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
141 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:149|3|0]]i silenzj di sua luce sulla natura, mostrava all’afflitta sul poggio lontano la torre del palazzo, ove gioito avea, fanciulla imprevidente d’un infausto avvenire: più da presso il campanile di Pontida, ove la vecchia indovina le avea predetto che finirebbe i suoi giorni abbracciata all’amato giovinetto: ecco la portella ov’egli primamente le tese al collo le braccia. — Oh! tu almeno sei salvo, amor mio: tu rimani a compiangere chi dovea vivere solo per te, chi per te muore». Povera Ermellina!
In brevissimo tragitto prendono spiaggia al dosso della vicina isoletta. Oldrado trascina di barca la donna: pochi passi ed... ahi vista! su l’arena giaceva resupino Tibaldo: avea fisso in petto lo stilo dal pome dorato, e le sue dita premevano sulle tiepide labbra una viola del pensiero, tessuta di biondi capelli.
Mise un grido la disperata, cadde sovr’esso, confuse il suo coll’ultimo sospiro di lui; e neppur sentì il pugnale che, tratto dal cuore dell’amante, le fisse e rifisse nel suo l’adirato: poi la precipitò nelle onde, abbracciata al troppo diletto garzone. — Ahi, come s’adempiva il presagio dell’indovina di Pontida!
I poverelli, usati venire dalla pietosa a mendicare il tozzo, più non la rimirarono, esilarata nel piacere del benefizio: invano l’attesero le forosette ad avvivare di sua presenza le baldanzose carole del giorno festivo e della vendemmia; i Francescani, che da Sabbioncello e da San Rocco venivano alla cerca, si videro mandar al convento larga limosina per celebrare suffragi, e l’ordine di non tornar più.