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V.


E Oldrado?

Le sentinelle più non alternano dagli spaldi l’allarme: più la saracinesca non si rialza all’entrata del castello. Per un pezzo corse voce ch’egli fosse andato colla vinta sua fazione in esiglio, ma quando Gian Galeazzo Visconti perdonò ai nemici, e, di salute affidati, tutti Guelfi nostri risalutarono il sorriso de’ tuoi colli festanti e l’olezzante sereno delle tue aurore incantatrici, o mia Brianza, Oldrado solo non ritornò. Variamente ne fu che dire per tutti i contorni, ma nessuno colse nel vero. Però la vecchia indovina, a chi la interrogava se ne sapesse, rispondeva col no misterioso di chi vuol far intendere che sa tutto: finchè, passati dieci anni e dieci giorni, essa raccontò la storia a pochi, e troncandola sulla fine, batteva del piede in un certo luogo del castello.

E quella storia la ridissero poi gli uomini a chi chiedeva quali erano i padri nostri; la ridissero le vecchie alle fanciulle che domandavano quanto gran colpa fosse il bacio d’amore; e corse di bocca in bocca fino a un tempo di sbigottita noncuranza, quando nessuno più impedì che i colpi delle sciabole o la ruggine della pace consumassero foglio a foglio le nostre memorie.

Ed io fanciullo coi fanciulli del mio villaggio, assumendo alcuno di que’ nomi che erano allora la maraviglia delle città e dei tugurj, dei re e dei garzoncelli, sovente fingevo assalti e battaglie presso a quel castello, che pomposamente denominavamo

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