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NOTA.


È Brivio un borgo di antichissimo ricordo, posto sulla destra dell’Adda, dieci miglia di sotto di Lecco; e il suo nome (anzichè da Bi ripa, come vogliono i latinisti, raffrontando a Bi lacus, Bellagio) ne pare derivato dalla radice celtica briva, ponte; da cui i gallici Sumorabriva fra Auxerre e Troyes; Durobriva e Ourobriva in Bretagna; Brivia Curretia, Brives sulla Corrèze, ecc.

Nel secolo IV è ricordato che san Simpliciano, succeduto a sant’Ambrogio nel vescovado di Milano, e che un’antica tradizione farebbe dei Capitanei o Cattanei del prossimo villaggio di Beverate, venisse fin a Brivio a ricevere i corpi dei ss. martiri dell’Anaunia (Val di Non), Sisinio, Martirio ed Alessandro, ch’egli trasportò nella basilica milanese, denonata poi da esso santo vescovo. Il titolo di que’ tre santi rimase alla chiesa prepositurale di Brivio. Doveva però questo borgo stare sulla riva sinistra dell’Adda, in quella che chiamasi Val di San Martino, e che appartenne alla diocesi di Milano fino al 1746, quando fu ceduta alla diocesi di Bergamo. Forse allora sulla riva destra non sorgeva che il castello: il quale è un vastissimo quadrato, avente ai quattro angoli quattro torrioni rotondi. Apparteneva questo, avanti il mille, ai signori di Almenno; di poi passò ai signori di Lecco; e Attone, conte di Lecco, e Ferlinda, sua moglie, lo donarono al vescovo di Bergamo pro remedio animæ suæ, come appare da un diploma di Enrico I imperatore, dato nel 1015, e riferito dal Lupo, Codex diplomaticus ecclesiæ bergomensis.

Quel castello, assiso sul fiume che a Napoleone pareva il più strategico dell’alta Italia, acquistò importanza nelle guerre successive. A mezzo il secolo XIII vi si rifuggirono i nobili milanesi scacciati dalla plebe prevalente, la quale

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