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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:170|3|0]]rurier, si ritiravano dinanzi agli Austro-Russi, finchè, ributtati in questa campagna appunto, fecero testa, combatterono come leoni; e sebbene assai minori di numero, la fecero pagar cara ai nemici, ed ammazzatone un buon dato, si gettarono nel palazzo che vede là, dell’illustrissima casa, e si difesero tanto da ottener un’onorevole capitolazione, che, invece del castellano, fu firmata dal fattore, mio compare, e se n’andarono.

Io frattanto avea portate di là dall’Adda le donne, ove nessun male ebbero, altro che la paura. Dopo che il paese fu smorbato, e le cose ripresero assetto, le rimisi in casa loro: tornai io pure nella mia stamberga, che trovai spazzata senza scopa; ed era un non parlar altro che dei rubamenti, delle violenze, della battaglia, de’ morti, di mille casi stravaganti e atroci.

La Rita e sua madre (benedette donne!), per quanto avess’io raccomandato di tacere, nol seppero; e per gratitudine cominciarono a dire: Se non ci fosse stato quel figliuolo! e L’abbiamo scampata bella! poi contarono il fatto ad una amica, questa ad una parente, la parente a suo marito, e questi al suo vicino; e in pochi dì lo seppero il console e il comune; e dicevasi ch’io aveva accoppato un Russo; poi le male lingue (ve n’ha per tutto) aggiunsero due, e quattro, e che gli assalivo di tradimento, e che li svaligiavo.

Gente che vuol male non ne manca a nessuno; ed io, nei tre anni percorsi, col fare il bizzarro, m’era fatto togliere in tasca da parecchi; e questi non tardarono a soffiar la cosa all’orecchio delle nuove autorità costituite.

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