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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:192|3|0]]lascio dire due volte, e se verrà il caso di menar le mani davvero, mi troveranno nella prima fila ma sin tanto che non c’è se non da appostare i viandanti e cercar la carità cogli schioppi sul braccio, per poi sciuparla giocacchiando, io amo meglio ripararmi su pei monti. E qui principalmente io salgo volentieri, perchè di qua scorgo i dintorni del mio paese.
E me gli insegnava col dito, lungo quella collina che si alza poco oltre Bergamo fra la pianura ed il lago d’Iseo; e quando li fissava, gli si gonfiavano gli occhi e piangeva. Potevo io non volergli bene?
Non vorrei però ch’ella sospetasse in male. Lo amavo siccome un fratello; gli prometteva d’amarlo sempre; io gli contava i miei dispiaceri, egli a me i suoi, e ci consolavamo a vicenda. Esso aveva padre e madre colà lontano, inquieti di sua sorte, senza poterne aver notizie, nè mandare le sue. Io aveva perduta la madre sin da ragazzina; e mio padre, sebbene non vecchio, era malaticcio, sicchè stentavamo la vita. Mommolo mi compativa, ed avrebbe voluto ajutarmi. Anzi un giorno mi si fece incontro con quattro monete d’oro, e disse: — Te, Menica: con queste campa tuo padre.
— Dove le avete tolte?» gli chiesi io.
A tale domanda rimase mortificato, parve entrare in sè, e — Le ho tolte dalla nostra cassa, con buona licenza de’ miei camerata. Potevo spenderli all’osteria, e invece eccoli per te.
— Ma i vostri comerata (soggiunsi io) le hanno di buon acquisto.
— Menica», rispose egli esitando; «ben sai....
— Dunque (replicai io) Dio mi guardi dall’accet-