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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:202|3|0]]unico conforto ne’ dolori profondamente sentiti. Per quasi mezz’ora la Menica non riebbe la voce: poi come prima potè articolare le parole, tendendo il dito sopra il camino.
— Ecco là» disse, «Quello è il fucile, innocente occasione di sua morte. Come era sempre con lui. finchè visse, così lo voglio io continuo sotto gli occhi».
E proseguì raccontandomi come anche suo padre fosse infebbrilito, poi morto poco dopo; ed ella, volendo tenere la promessa al suo Mommolo, si fosso deliberata di vivere sempre sola. — Col denaro che m’ha lasciato feci dire del bene per l’anima sua, e poi, come posso, ajuto quelli che hanno maggiori bisogni di me. Quando nacque d’una mia cugina germana questo figliuolo ch’ella vede, io lo levai al battesimo, e gli posi nome Mommolo. È la mia compagnia, la mia distrazione; e quando potrò andare in paradiso a trovar mio padre ed il mio sposo, lascerò a lui questa casuccia e la memoria mia e del mio Mommolo».
Povera Menica! io t’ho compatita di cuore, e quando, dopo la parca cena, recitando il rosario, dicesti un De profundis per quella buon’anima, una dolce tristezza mi compunse, ben altrimenti che alle lambiccate orazioni funerali.
Povera Menica! e quando coll’alba seguente mi partii da te, passando innanzi alla sepoltura del tuo amico, intrecciai una ghirlanda di margheritine, di garofanetti e di campanule silvestri, e la collocai su quella croce, ove tu certo l’avrai vista ed aggradita, come testimonio di spontanea condoglianza.