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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:218|3|0]]smanie da non si dire, poi, come succede quando la pentola pel troppo bollire trabocca, che spegne da sè la fiamma e calma il bollore, così quello sfogo fece rientrare in cervello il brutale; — Andrò (diceva) a domandarle scusa. È tanto buona! oh quest’oggi ho proprio passato i confini. Non ci voglio tornar più».

Ma come nel lago, quando ci fu burrasca, sebbene il vento abbia dato luogo e le onde si vadano posando, pure tratto tratto un’altra buffata di aria le solleva di nuovo, così accadeva nell’animo di lui. Onde, dopo quelle belle parole, ripigliava: — Ma lei, perchè la ha sempre d’arrangolare? perchè sempre mi corre tra’ piedi? chi cerca trova. Non voglio padronanze. Le ho sonato un tientamente che deve durarle un pezzo.... Infine però, povera creatura! la opera per il mio bene, e son io una bestia da legare. Basta! voglio metter giudizio. Questa Pasqua voglio fare davvero un buon bucato, e diventare un tutt’altro. No; Tita non sarà più Tita, come c’è scritto in quell’esempio che la Laurina mi leggeva sul Catechismo. — Ma intanto, la mi lasci stare; se no, vuol sentir sonare più d’un doppio; e se sta volta fu acqua, un’altra saranno tempeste».

Così berciando e barcollando fra la ragione e l’ebbrezza, fra le ispirazioni del suo buon angelo e le tirate del vizio inveterato, mosse verso casa dondolando come divincolato. Vide la Laurina entrare tutta indolenzita.

— Ecco (diceva egli tra sè) la poverina va in casa, e ci starà a piangere.... e in grazia mia». Ma poco appresso la vede uscire: ha sul braccio il fazzoletto da capo, accosta l’uscio, e se ne va.

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