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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:23|3|0]]chè a chi va per la sua strada non importa che i padroni siano buoni o siano cattivi.»
— Ed io (soggiungeva Cipriano) sono forse andato io a cercarlo? non sono anzi scappato quando mi vide il guardacaccia? e questo non fu forse per prudenza? Perchè, del resto all’occasione so anch’io cacciarmi le mosche dal naso. E se poco fa mi rimpiattai, fu per rispetto al padrone; che se il guardacaccia vedendomi mi riconosceva per quel dell’altro giorno, e m’indicava a don Alfonso, io poteva preparar fatto l’atto di contrizione. Alla fine lo so anch’io che i padroni sono padroni, ma con quella canaglia de’ suoi uomini l’è un pezzo che la bolle; e badino a quel che fanno, perchè se mi ci tireranno per i capelli, non sono poi di sasso, e darò un piè nella secchia, e farò vedere...»
— Ah orsù» l’interrompea la madre; «finiamola, chè è lunga. Lasciali stare, e nessuno verrà a disturbarti. Che se anche te ne fanno fare qualcuna, manda giù e non volere tentar Dio. Hai ventiquattro anni finiti, ed è ormai tempo di lasciare le bizzarrie. Via, discàntati; dà mano a tuo padre a spennare e sbuzzare que’ selvatici; sbacella que’ fagiuoli; va a raccogliere due pesche, e monta su la pianta, da non presentargliene ammaccate».
Il giovane faceva; ma somigliante all’organista che tasteggia sotto voce nel tono in cui ha sonato dianzi e deve sonare ancora fra poco, tale seguitava egli con tronchi motti, sinchè tornava su: — Mia sorella, la quale a dir che mi vuol bene è poco, ne avrebbe detto delle belle quando avessi lasciato massacrare la sua vite. Bravo Cipriano! avrebbe detto la Brigita. Bel conto fai delle mie raccoman-