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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:232|3|0]]to è finito. V’è parso egli troppo semplice, troppo prosaico, di troppo vulgare verità? Non un adulterio, non un assassinio, nè tampoco una semplice morte! O che? non ve ne imbandiranno abbastanza i nostri e gli stranieri scrittori? E poi, ve n’avevo pure ammoniti dal bel principio. Ma voi non siete stati, com’io fui, nella linda casetta dei due sposi. Era quell’ora d’estasi meditabonda d’un bel giorno che tramonta: il solerte Battista ritornava allora dalle vigne; la Caterina ammanniva la cena; e un bambino, con in volto i vivaci colori della sanità, tripudiava sulle ginocchia del canuto nonno, intrecciando le piccole dita fra le lane di un agnello. Meco voi eri, amica mia, quando Ernesto colà ci raccontò quest’istoria; colà dove egli aveva imparato ad aggiungere alla ricchezza la scienza di ben usarla. I primieri suoi compagni, ricchi d’ironica saggezza e di quell’arida prudenza che aduggia le generose qualità della gioventù, all’udirlo si saranno stretti nelle spalle, sconoscendone la felicità; e vuotando le tazze d’ambrosia, mesciute dalla corruzione mascherata col titolo di galanteria, forse l’avranno compassionato. Ma voi, amica mia, con un cuore buono per natura, per abitudine, non congelato dagli spietati calcoli della vanità e dell’ambizione, non logoro dai disinganni d’una desolatrice esperienza, voi, nell’ascoltarlo, mi fissaste in volto, versaste una lacrima: — che non mi dicevano quella lacrima, quello sguardo!

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