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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:284|3|0]]«Non volevi che si credesse una cosa tanto straordinaria?»
Qui comar Giuditta entra dicendo: — E fu durante la fabbrica stessa, io credo, quando v’era quel converso, il quale faceva di si spessi miracoli e sì strepitosi, che, per toglierlo dal rischio di levarsi in superbia, il padre priore gli intimò di non farne più senza sua permissione. Ora, mentre il converso stava guardando a murare, ecco si fiacca un palco, e un muratore casca giù fin dal tetto, — Ajuto, frà Vincenzo», gridò il meschino. — Ajuto». replicarono maestri e manovali. E frà Vincenzo tutto cuore avrebbe voluto egli fare su’ due piedi un miracolo, ma n’avea la proibizione, onde stesa la mano, gli gridò: — Férmati, tanto che io corra a domandarne licenza». E corse; ma il miracolo era bell’ e fatto, perchè colui si fermò a mezz’aria, come fosse stato in piana terra.
— Eh, i frati!» attacca un’altra sospirando. «Del gran bene facevano i frati. Tutto il dì, tutto l’anno mai non facevano niente, per poter pregare anche per quelli che non pregano, e massime per noi villani, che, costretti a faticare il giorno intero, non ci avanza tempo da dare a Domenedio.
— E i benefizj che compartivano, dite poco?» È la Simona che parla. «Mai non venivano alla cerca, che non regalassero o una coroncina, o un santino, od almeno non benedicessero il mal di madre, i figliuoli ammaliati, e scongiurassero i bruchi e le formiche.
— E voi cosa davate loro?» chiede quella tal ragazzina.
— Oh, un poco di tutta quella grazia di Dio che