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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:293|3|0]]cui era chiuso quell’altro: e le cominciò a narrare della fiera, d’un mondo di gente che ci aveva; Tirolesi con cinture di cuojo trapunte e cappellacci lunghi come ombrelli; Turchignotti col mammalucco e la barbaccia e le bracacce; d’un Savojardo che mostrava la gran bestia; d’una zingara che contava la ventura; poi seguitava informandola del quanto avea comprato il sapone o i vomeri e le coltri di lana; e perchè fosse tornato un giorno prima, e d’altre cose d’egual importanza. Ma l’Agnese, che avea tutt’altro per il capo, stava a cento miglia, e rispondeva sì o no a braccio, e come veniva veniva. Ond’egli le domandava: — Di’ su, hai sonno eh? Anch’io. Via, cuocimi due bocconi da cena».
Lesta lesta gli friggeva essa una coppia d’uova, e non vedea la sant’ora di metterlo a dormire. Ma egli sarebbesi detto che faceva apposta a temporeggiarsi, contando, ripetendo, addomandando.
Basta! quando Dio ha voluto, egli se n’andò. L’Agnese, che era stata come in croce, sente allargarsi il cuore; si chiude in camera, corre alla cassapanca, dà una voce all’amico... e, non risponde. — Che dorma?» Gli alza un braccio, ricasca. Gesummaria! gli tocca la fronte... è fredda marmata. Che serve? era morto soffocato.
Come allo sdrucciolare d’un ghiacciuolo per le reni, così la pelle s’accappona alle ragazze, intente al discorso di comare Giuditta, ed esclamano: — Morto? soffocato? O santa pazienza!» Che se da prima avevano tenuto gli occhi desti, credendo che la storia dovesse riuscire al solito scioglimento, ora, raddoppiando d’attenzione, socchiuse le bocche, sporgono i menti verso la narratrice che il bujo impe-