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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:296|3|0]]Onde la Bia stringendosi nelle spalle, — Allora non so cosa dire: pensaci tu, e chi s’è visto s’è visto»; e faceva viso d’andarsene. L’Agnese la richiamava, la rimboniva, tornavano a consultare, e la risoluzione era sempre le stessa: onde trovandosi così tra l’uscio e il muro, anche l’Agnese dovette acconsentire. Fra tutte e due a stento lo cavarono fuori, e chete chete strascinatolo in sulla via, più lontano che poterono, rivennero ciascuna a casa sua.

Che notte per l’Agnese! Altro che le passate, quando, appena giù, dormiva per ore ed ore della grossa senza un pensiero al mondo, oppure fra pensieri sereni, giulivi, sinchè svegliavasi col nome del suo Sandro sulla lingua. Ora, altro che dormire! se una pulce basta a tenerci sveglie, figuratevi, ragazze, con questo posolo sul petto. Lì, presso quella cassapanca, con sugli occhi irremovibile quel cadavere, che smanie, che batticuore! Si gettava di qua, di là pel letto: si copriva sotto le coltri: si tappava gli occhi, gli orecchi; ma sempre le pareva di vederlo; sentivasi ancora sotto alle mani, sulle guance, alle labbra il tocco di quel gelo innanimato. — Ma chi sa? forse quello non fu che un male, uno svenimento passeggiero: si sarà riavuto, tornato a casa sua, e domani lo vedrò ancora. Che consolazione, rivederlo vivo!.... Ma.... che gli dirò? averlo gettato fuori a quel modo?» E raddoppiava il pianto, come cresce la pioggia dopo che un lampo rischiarò per un momento l’oscurità. Poi aveva da venire la mattina: la voce si sarebbe sparsa: suo padre comparirebbe, o non poteva non accorgersi dello stato di lei. Cosa dirgli? come scusarsene?

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