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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:301|3|0]]Avrete ben sentito, ragazze, di certi che vanno in volta bell’e dormendo. Tal quale l’Agnese. E va e va, trovasi dinanzi al cimitero: è aperto il cancello; s’avanza. — Ove diamine andate?» le grida una vocciacca. Era il sepoltore che stava scavando una fossa. A quel suono risentitasi, ella diede uno strillo, guardò intorno, si rinvenne; e coi cappelli irti come un pettine di lino, fuggì a rotta di collo, come se alcuno le corresse dietro.
Quel giorno non mangiò, non parlò, non pregò. Sulla sera crebbe la tempesta. Tra il fosco e il chiaro, seduta coccolone, colle tempie fra le mani e le mani sui ginocchi, stette un pezzo a ruminare: poi, come risoluta, balzò su a scatto di molla, ed esclamò: — Conviene che ella muoja!» abbrancò un coltellaccio, salì dalla vicina, e, cogliendola sola e sprovvista, glielo cacciò nella gola».
— O Madonna santa!» esclamano prese di ribrezzo le villane ascoltatrici, mentre comar Giuditta raccoglieva il fiato: e stringendosi l’una più presso dell’altra, le domandano ansiose: — E sicchè e sicchè?
— Sicchè (continua lo vecchia) tardi tardi, secondo il solito, e secondo il solito ubbriaco, torna a casa il marito della Bia, e trova questo spettacolo. Si pone a gridare, a chiamare accorr’uomo; traggono i casigliani, trae il vicinato, vedono, oh vedono la donna che dava i tratti in un lago di sangue.
Chi può mai essere stato? Non i ladri, perchè non manca un bruscolo: nessuno ella avea per nemico; non può apporsene che a suo marito. Egli solo andò in casa: era avvinazzato: l’avrà intesa