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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:310|3|0]]ta, attenta, con garbo, dar recapito agli avventori, eseguire i comandi a modino, sciaguattar i bicchieri, pillotare l’arrosto, ricever al banco, rendere l’avanzo, rispondere alle domande tra franca e modesta, tanto che tutti diffilavano volentieri a quella osteria. Quando poi le occupazioni domestiche le lasciassero un respiro, l’avreste veduta a far un bello spicco fra le camerate; baliosa, giuliva, cantare, ballare, ridere di quel riso spensierato che si disimpara a vent’anni. Onde i paesani dicevano che la stava appunto il nome di Gioconda; e suo padre e sua madre andavano in solluchero al mirarla, al sentirla lodata, all’udire da tutti esclamare ch’ell’era la vita di quell’osteria.
— Ella sarà (mi dicevano) il conforto di nostra vecchiaj a. È proprio la nostra man diritta. Se non ci fosse lei, come si potrebbe continuare così fiorito il negozio?»
Una volta notai ch’essa faceva gli occhietti ad un garzonotto, che seduto in capo al desco, centellava una mezzetta; ed una vicina (le vicine san tutto) m’informò come quello fosse il damo della Gioconda; un giovane di propositi, soggiungeva, il più savio figliuolo che si possa incontrare a dieci miglia: attento a’ fatti suoi: sortisce seta e guadagna di bei denari; ha una casetta; comprò poc’anzi un poderuccio, che governa in casa; e vuole sposare la Gioconda, e n’ha già passato parola ai parenti di lei, che non poteano desiderar di meglio. Se la cosa va, la Gioconda può segnarsi col gomito: e lo merita, perchè anch’essa è viva sì, ma buona, buona davvero».
L’anno appresso ripassando, trovai l’ostina spa-