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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:331|3|0]]bilmente questo capriccio sarebbe nato e morto in lei, come un amorazzo formato in un festino. Ma per fortuna se ne accorsero i parenti; uno scalpore da non dire; Peppo messo fuori della porta e la ragazza mandata lontana.
Non ci voleva altro. La signorina, che, come unica, era stata sempre accarezzata e avvezza a non vedersi mai contraddire in cosa che volesse, allora s’impuntì di vincer la prova, e messi i piedi al muro, protestò volere quello o nessuno. Non occorre dirvi se Peppo lasciava di rinfocolarla: onde che serve allungarvela? a tempo e luogo essa diede fine al suo desiderio collo sposarlo.
I genitori, sulle prime una collera coi fiocchi. Ma brave persone, di quelle la cui schiettezza non temeva di cantar la verità quando si trattasse d’incaparrarsi la futura signora, posero in mezzo delle buone parole; il tempo fa sbollire ogni sdegno: al primo bambino s’impose il nome del signor nonno: il sangue alla fin dei conti, non è acqua: in somma poco andò che furono casa e bottega. Scene che succedono ogni anno a dozzine. Celebrata la pace, il genero attaccò il cappello nella casa del suocero, e poco dopo, morti i genitori, si trovò padrone di una lauta eredità, che beato lui.
Ecco dunque lo scioperato e tristanzuolo di Peppo divenuto il signor Giuseppe, un copiosissimo ricco, e per conseguenza un uomo di vaglia. Sbracia e spende come un Cesare; bocca mia che vuoi? venite, i quattrini ci sono: levasi alla sant’ora; marcia in carrozza; imbandisce agli amici; egli servitori, egli fattori, egli campagne: comanda a bacchetta, schizza salute con un’ariona di viso soddi-