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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:47|3|0]]veramente, lo sapreste già, o lettori, se v’avessi detto come, fra le altre disposizioni date quella mattina, chiamò a sè il guardacaccia, ed ordinògli che mandasse tre bravi, conosciuti alla prova delle imprese più rilevanti, cioè delle più scellerate, e — Si collochino (diceva) colà al lembo della collina, sullo stradello che dai mulini conduce alla Madonnina, rimpiattati dietro la macchia, e non si muovano. Tu ti terrai al mio fianco. Troveremo qualche ingegno di separare colui dalla sua brigata, e trarlo a quella parte. Quando io griderò A noi, essi balzino fuori: se v’è qualche servo, lo freddino: l’importanza è d’assicurarsi del padrone: se lo cogliamo vivo, tanto meglio; e portarlo senza più in castello».
A questo comando, dato colla freddezza onde un ricco d’oggidì comanderebbe al cocchiere d’aggiogar i cavalli, con altrettanta freddezza il guardacaccia rispose: — Illustrissimo, ho inteso». E poi ch’ebbero accordato ogni cosa fra loro, e il padrone gli accennò che se n’andasse, quegli stette fermo guatandolo. L’intese don Alfonso, e ripigliò: — Avrete una lauta mancia.
— Grazie, illustrissimo» ripetè inchinandosi l’altro in cui andavano del pari la fierezza e l’ingordigia. «Però... per regolarmi cogli uomini... qualche cosa di preciso...
— Questo, e la paga d’un anno», rispose il feudatario, gettandogli una doppia nel cappello.
E l’altro strisciando gran riverenze, — Illustrissimo, mille grazie; perchè ella vede, i vizj sono molti.
— Non dubitare; fa che la cosa riesca a disegno.
— Illustrissimo, sarà servito da par suo».