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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novelle lombarde.djvu{{padleft:82|3|0]]lava ancora le spalle. — Già (diceva) a questo mondo chi pensa male pensa bene, e al figlio di mio padre non è così facile il mostrar bianco per nero. Basta! ha finito colui di rubarci, di farci battere ed ammazzare come fosse lui il re. Ora staremo da papi, e baronate di questa stampa non ne succederanno più, più». Così diceva colla sicurezza con cui la gente, al cadere d’un cattivo padrone, allo scappolare da un grosso fastidio, si promette mari e monti, e non s’accorge come l’unico bene che ne trarrà, sarà la breve gioja del tempo che corre fra il sorgere della speranza e il vederla delusa. Così il fantolino tripudia e si ringalluzza nel mentre che la balia sta allestendo le fasce da imprigionarlo di nuovo e più bene.

Ma perchè turbare con sinistri presagi una di quelle consolazioni che arrivano sì di rado? Lasciamoli dunque fare, e come avessero toccato il cielo col dito, scialarsi, dar nelle campane, coi falò annunziare il fausto evento a tutto il vicinato. Al domani i signori vollero tornare a vedere il luogo di antichi pericoli e di recenti.

Cadeva il giorno sacro alla natività di Maria: un lietissimo sole, irradiando l’azzurra volta senza nubi e penetrando quasi furtivo tra le dense chiome dei castani, temperava nel bosco il più amabile rezzo, al mite soffio de’ venticelli onde respira la stagione facendo passaggio dal polveroso agosto al mese della vendemmia, — bello da per tutto, più bello sui poggi della mia Brianza. Una folla di paesani trasse dietro alla lettiga ed ai cavalli da cui erano portati don Alessandro e le signore. V’accorsero molti che prima stavano riposti per isgomenti di

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