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90 | novella liii. |
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LIII.
Necessità di non ragionare ad alta voce
de' fatti suoi per le strade.
Mai non dovrebbe alcuno ragionare ad alta voce de’ fatti suoi per le strade perche vi sono orecchi i quali stanno ad ascoltare, e non so da che avvenga che chi ascolta sempre studia se vi sia l’utile suo in quanto vien detto. A’ passatì dì, un giorno ch’era piovuto largamente e si vedeano ancora per l’aria aggirarsi alcuni nuvoloni che minacciavano acqua nuova, uscì di casa un signore con un certo mantelletto vecchiotto, e, secondo il costume suo, andò per provvedere la famiglia del pranzo. Entrò dunque nella bottega del macellajo, e dissegli: Amico mio, tu mi hai servito assai male jeri; e· la carne che mi mandasti si strusse tutta in grassume: fa che tu mi mandi oggi un buon pezzo di coscia, perchè la moglie mia è adirata teco e meco ancora. Oltre a ciò, ti prego, manda al pollajuolo, e abbi da lui una pollastra da lessare e due polli da fare arrosto, e avvia ogni cosa a casa mia in una cesta. Il beccajo gli promise, e intanto vennero in sul ragionare delle nuvole. Credi tu ch'egli piova? dicea il signore al beccajo. Non io, rispondea questi: io veggo sì le nuvole diradate, e il sole già apparisce; non avremo per oggi bisogno di ombrelli. Tu hai ragione, dicea il galantuomo; e poco manca che io non vada di nuovo a casa a mutarmi questo mantello mezzo roso dal tempo: io ho a far visita ad un personaggio a cui non posso presentarmi con questo vecchiume indosso. Poi, stato così alquanto sospeso, replicò: Orsù, sia che vuole, per ora non anderò a casa; io ho altre faccende, e la visita s'indugi a domani: carne, pollastra e due polli a casa, mi ti raccomando: addio; e parte. Avea tutto questo ragionamento udito un certo astutaccio che mettea ogni suo pensiero nel fare dell'altrui suo, e contava quella gior-