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novella lxxv. | 137 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novellette e racconti.djvu{{padleft:147|3|0]]furono insieme a consiglio. Veduto dunque che lungo tempo dovea passare prima che l’uno e l’altro avessero a fare i loro pubblici ragionamenti, perchè al poeta, che dovea essere il primo, mancavano da forse otto mesi, e allo storico molti più, deliberarono d’uscire insieme della città, e d’andarsene ad una casettina, che l’uno di loro avea alla campagna; e quivi, lasciata ogni altra occupazione, di tuffarsi, anzi sommergersi interamente in uno studio di cui non aveano fino a quel punto conoscenza veruna. Per la qual cosa l’uno e l’altro, fatto provvedimento di libri a ciò appartenenti, e detto addio a’ congiunti e agli amici, andarono insieme alla loro villetta, e quivi scordatisi ogni altra cosa di fuori, si diedero l’uno in una stanza e l’altro in un’altra a leggere e a meditare con ogni loro forza e potere. Ma poco andò che il poeta, accostumato a certi eccessi di mente, non potendo comportare di legar l’ingegno a considerare ossa, muscoli, nervi e altre parti del corpo umano, di tempo in tempo, dimenticatosi quello per cui quivi era andato, e trasportato a forza dalle vagazioni dell’immaginativa che lo rubava alla notomia, incominciò così da sè a sè a scrivere ora una canzone, ora un sonetto, tanto che non gli dava l’animo d’arrestarsi un terzo d’ora in un dì nello studio da lui cominciato; ed era vicino a disperarsi, vedendo a scorrere il tempo. Della qual cosa tuttavia nulla dicendo al compagno, anzi facendo le viste di starsi sempre più rinchìuso e pensoso, gli facea credere d’esser con l’opera sua molto bene avanti. All’incontro lo storico, lasciato ogni altro pensiero, e datosi del tutto all’opera che far dovea, avea cominciato a dettare le sue lezioni; onde, per ristorarsi talvolta dell’avuta fatica, preso un suo archibuso in ispalla, andava per ispasso a sparare agli uccellini, o con un bastoncello in mano a passeggiare qualche miglio. Così facendo egli ogni giorno, il poeta avvisò che la lontananza di lui gli potesse giovare, ed entrato, mentre ch’egli non v’era, nella stanza di quello, cominciò a copiare quanto egli scritto avea; e così