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NOVELLA III. 5

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novellette e racconti.djvu{{padleft:15|3|0]]e amico nostro, non ci torrà la pelle: voi che ne dite? Assentirono tutti; e chiamato l’oste, gli dissero quel che voleano, ed ebbero due letti con le lenzuola di bucato. Mentre che questo si facea, disse il parrucchiere a’ compagni: Io conosco due di voi di così insolente natura, ch’io non mi saprei arrecare a dormire nè con l’uno nè con l’altro: scherzare e ridere tutto il dì, al nome sia del cielo, ma la notte intendo di dormire. G. E. è del mio parere, io dormirò seco. Fa come vuoi, gli dissero gli altri due, che noi staremo insieme. G. E. che dormiglioso é di natura, l’ebbe caro, e si accordò anch’esso. Agli altri due parea di morire se non trovavano qualche beffa da non lasciargli dormire in tutta notte; e chiamato l’oste in disparte, gli dissero, che per romor grande che udisse, e per chiamare che fatto fosse, non entrasse nè egli nè altri in quella stanza; ma che, serratala di fuori a chiave a tempo dell’andare a letto, quivi gli lasciasse; e che intanto arrecasse loro di nascosto una ricotta o puina molle molle, chè intendevano di fare una burla. Venuta la ricotta e uscito l’oste, i due fecero in modo con varie malizie che il parrucchiere e G. E. uscirono della stanza; ed essi intanto posero la ricotta fra le lenzuola da quella parte ove intendevano di far coricare il parrucchiere. Intanto si cenò lietamente, e venne l’ora del dormire. G. E. cominciava sonniferare, e aveva gli occhi mezzo chiusi; i due, ridendo e fingendo di scherzare e di avere compassione di lui, lo spogliarono essi medesimi e lo posero a letto dalla parte non tocca. Poi cominciarono essi medesimi a scalzarsi, comandando al parrucchiere, che per castigo di non aver voluto dormire con esso loro, fosse l’ultimo a spogliarsi e ammorzasse il fuoco che ardea. E così fu; chè quando essi si furono coricati il parrucchiere ammorza e copre; ma essi che non voleano che pure una favilluzza ne rimanesse, dicevano: Io veggo un barlume costà, e vedi un carbone colà: io ho paura del fuoco più che della morte: spegni là, ammorza costì, copri con le ce-

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