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novella lxxvii. 147

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novellette e racconti.djvu{{padleft:157|3|0]]d’oro, lo fe’ suonare, per saper, diceva, a quale ora si cominciava il ritratto; e nell’atteggiamento delle dita scoperse che l’erano fornite di splendidissime anella; e si pose a sedere. Il pittore noverava gli scudi con la memoria, e tanto più gli parea d’avergli in mano, perchè l’originale gli parea facile ad imitarsi. Avea Pippo un visaccio largo, con certi lineamenti, o piuttosto colpi sì fieri, che l’avrebbe quasi ritratto ogni uomo col carbone: bocca larga, labbra grosse, colorito piuttosto pagonazzo che vermiglio, occhi grandi e celesti, e uno sperticato nasaccio, verso le ciglia schiacciato, e appuntato sopra la bocca. Ma la cosa non era però sì agevole, come avea il pittore stimato. Avea Pippo una certa attività di natura, da lui coltivata per movere a riso, ch’egli quando volea, potea con un piccolo urto della mano rivolgere la punta di quel suo nasaccio ora a destra e ora a sinistra, la quale ora di qua, ora di là s’arrestava dov’egli volea, che vi parea piantata naturalmente. Postosi dunque dall’un lato Pippo a sedere, e acconciosi come dovea stare a volontà del pittore, incominciò questi a fare i suoi segni: adocchia il viso, adocchia le tela, mena la mano, era quasi condotto a fine il primo disegno. Parve a Pippo che fosse tempo; e dato d’urto con due dita furtivamente al naso, lo fece piegare dall’altra parte, come si farebbe d’una di quelle banderuole che s’appiccano alle lucerne. Il pittore, alzati gli occhi alla faccia, trova quella novità, e fra sè dice: Ho io le travveggole? che ho io fatto qui? indugia un poco, fregasi gli occhi, e tace; ma pur vedendo il naso contorto all’altro lato, e credendo che l’error fosse suo, si tacque, e acconciava il disegno. Pippo si stette a quel modo due ore, e il ritratto era già molto bene avanzato, ed era più volte anche levato in piè per vedere; e quando gli parve a proposito, ritocca di nuovo, e volta il naso dall’altra parte, che parea impiombato. Il pittore guarda, e smemora; chè gli parea d’essere impazzato. Pure tanto poteano nell’animo suo quegli scudi,

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