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162 novella lxxx.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novellette e racconti.djvu{{padleft:172|3|0]]mia, io sono venuto in buon punto, imperciocchè domani tu avrai una ventura grande; e pensa che tu non avrai più a stare in questa affumicata casettina, ma dei entrare in uno de’ più ricchi palagi di Londra, nel quale sarai corteggiata a guisa di reina. Questi poveri cenci, che tu hai indosso, saranno scambiati in ricchi e nobili vestimenti; e non solo non istarai più a filare e a sofferire le percosse del marito, ma tu avrai d’intorno staffieri e donne da poter loro comandare, e cocchio da andare intorno come una signora. E voi tu più? che tu avrai, oltre a tutto ciò, uno de’ più giovani e de’ più ricchi e garbati mariti che ci sieno; tanto che sarai la più ricca e la più beata donna che viva. Ricôrdati solo, che mutando qualità di vita, tu prenda anche, per quanto puoi, le maniere nobili: sappi adattarti ai costumi loro gentili, sicchè tu non sia mai scoperta per quella povera Geva che tu sei, perchè allora ti verrebbe meno in un subito ogni tua fortuna. Stavasi la Geva ascoltando le parole del dottore a bocca aperta, ed era tentata di non credergli: ma egli le indovinò tante delle cose passate, fino delle più segrete e note a lei sola e a Taddeo, che finalmente gli prestò fede, e le venne al cuore un’allegrezza che le mancava il fiato, e già le parea di nuotare nell’oro e nella seta, e di comandare a bacchetta ad una turba di famigli. Sbrigatosi intanto Taddeo dalla compagnia del cuoco, ritornava a casa, e giunsevi appunto in sul colmo dell’allegrezza della donna sua, la quale, come lo vide, parea quasi impazzata, e levatasi in piè gli corse incontra, e in poche e confuse parole gli raccontò che fra poco la sarebbe stata da più che una reina, e gli empiè il capo di quattrini, di vestimenti, di livree, tacendogli solamente del marito nuovo, che forse era una delle consolazioni da lei più desiderate. Taddeo, mezzo fuori di sè e parte arrabbiato, perché vedea quivi il dottore solo con la Geva, poco mancò che non la suonasse in quel punto con un buon bastone; pure ebbe pazienza; e salutato così in cagnesco l’ospite suo, domandò a

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