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novella lxxx. | 167 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novellette e racconti.djvu{{padleft:177|3|0]]miglia che la era così amorevole e buona. Ella all’incontro protestò che gli sarebbe stata ubbidiente in ogni cosa, gli baciò la mano, e gli si pose in ginocchioni dinanzi. Lagrimava Giovanni di tenerezza, e uscivano le lagrime dagli occhi di tutti i circostanti, quando la creduta Geva, non potendo più comportare la furia e le percosse di Taddeo, si fuggì da lui, e avviatasi correndo alla casa di Giovanni, la entrò appunto in quel momento in cui si facevano tante congratulazioni. La prima che fra tutti vide, fu la Geva; e uscì quasi di sè per lo stupore a vedere che la era ella medesima, e che tutti la corteggiavano come padrona; ma mentre che ella attonita non sapeva aprir bocca, e che tutti le domandavano: Che vuol dir, Geva? che buon vento ti ha qui guidata? eccoti, che Taddeo entra; di che la vera Geva temendo di essere battuta da lui, si tirò spaventata due passi indietro. Taddeo chiedendo perdono a Giovanni e a colei ch’era creduta moglie di lui, raccontò loro che la sua Geva era divenuta pazza per le parole di uno strolago, e ch’ella si credea gran signora, anzi stimavasi di essere moglie di Giovanni, e che gli era fuggita. Giovanni lo pregò che avesse buona cura di lei, e la trattasse caritativamente, perchè ella ancora ne sarebbe forse potuta guarire, e Taddeo diceva che non avea altro rimedio, che il bastone. Stavano confuse le due femmine e non sapeano che dirsi, nè che fare, quando il Dottore, o strolago, o negromante che vogliamo chiamarlo, entrò, e alla presenza di Giovanni chiedendogli perdono del suo ardimento, dichiarò qual fosse stata l’opera sua, e che tutto avea fatto per gastigare la moglie e farla de’ suoi falli ravvedere, minacciandola che l’avrebbe scambiata in peggio che nella Geva, se non avesse mutato tenore di vita: e dall’altro canto testificando che avea così bene côlto il punto dell’operazione, che Taddeo si era all’ora della tramutazione levato di letto, e Giovanni era stato quella notte in un’altra stanza. La creduta Geva cominciò allora a piangere dirottamente, e a chiedere perdono