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218 | novella v. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novellette e racconti.djvu{{padleft:228|3|0]]due orsatti: se gli atti e gli accarezzamenti dimostreranno di distinguere l’orefice da tutti gli altri che qui sono, non si potrà più dubitare che veramente non sieno figliuoli suoi.
Il Cadì acconsentì alla sperienza. I due orsacchini, tenuti dal pittore digiuni due dì, non sì tosto raffigurarono l’orefice, che gli corsero incontro e gli leccarono le mani. A tal vista le persone quivi radunate si maravigliarono, e lo stesso Cadì imbrogliato non seppe che sentenziare sopra quel caso.
L’orefice pieno di confusione ritornò alla casa del pittore, e quivi gittatosi in ginocchioni a’ suoi piedi, gli confessò la sua infedeltà e lo scongiurò che pregasse Iddio, accciocchè si degnasse di restituire ai figliuoli suoi le fattezze loro naturali. Il pittore fece le viste di lasciarsi toccare il cuore, e tutti e due passarono la notte in preghiere. Avea usato prima la cautela di tor via i due orsatti e di mettervi in cambio i due fanciulli dell’orefice, da lui stati tenuti celati fino a quel punto. Il pittore condusse il padre loro alla stanza dov’erano, e facendogliene la restituzione, disse: Il Cielo ha esaudito i miei voti: imparate voi a non mancare da qui in poi ai vostri impegni.
V.
Tratto raro di generosità di un Califfo.
Nel tempo in cui regnava Abdulmelik[1], quinto Califfo della stirpe degli Ommiadi, vivea in Cufa un
- ↑ Abdulmelik, figliuolo di Mervan, quinto Califfo della reale prosapia degli Ommiadi di Oriente, regnò 21 anni, e fu cognominato il Sudore della pietra, per contrassegnare la sua avarizia estrema. Era nel castello della città di Cufa, quando gli venne arrecato il capo di Masaab ribellatosi da lui. Uno de’ suoi cortigiani gli disse: Io vidi già in questo stesso castello arrecare la testa d’Hussein ad Obeidallah che lo avea vinto; quella d’Obeidallah a Moktar vincitore di lui; quella