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22 | novella xiii. |
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XIII.
Ladro scoperto in una chiesa.
Ho stanca la mano e la penna a scrivere di ladronecci;
e già avea deliberato fra me di non far
più parola di siffatte ribalderie. Ma una persona a
cui è accaduto un certo caso a questi dì, mi raccomanda
ch’io lo dica; e così farò per compiacerle.
Una signora di molto spirito e di mente vigorosa,
conosciuta in Vinegia per una delle più valenti levatrici
e che fa l’arte sua non solo per pratica, ma
con buoni fondamenti e scienza di notomia, aggiunta
a molta prudenza, trovavasi pochi giorni fa in una
chiesa. Aveva inginocchiato appresso un uomo che
a giudicarlo dal buon vestito, (cosa che si suol fare
quasi universalmente) parea di buona condizione, e
confermava la sua bontà la molta divozione ch’egli
mostrava, stralunando gli occhi ora vôlti alla terra
e ora al cielo, e nel continuo movimento delle labbra.
Ma mentre ch’egli avea la mente intrinsicata
nelle contemplazioni, non badando a custodire una
delle sue mani, questa pianamente gli fuggì e s’introdusse
furtivamente nella scarsella della signora, la
quale, avvedutasi dell’atto, fu presta a piombarvi
sopra con una delle sue e a ghermire la forestiera,
stretta come una tanaglia, e a ficcare ad un tratto
gli occhi addosso al suo vicino. Egli contorcendosi e
dimenandosi quanto potea, cercava di uscire di prigione,
ed ella all’incontro pur salda; senza parlare
nè l’uno nè l’altra. Finalmente, come più nerboruto,
vinse il maschio e si sbrigò; ma nel dibattersi gli
uscì di dito un buon anello e rimase in tasca alla
levatrice, onde a questa volta il ladro fece come i
pifferi di montagna, che andò per suonare e fu
suonato.