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36 | novella xxi. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novellette e racconti.djvu{{padleft:46|3|0]]ascoltarvi, e non noti con la penna in mano quanto voi dite di lei. In breve, tanto disse e tanto fece, che le buone femmine per alcun tempo si tacquero, ed andando egli a’ fatti suoi, si rimasero in profondo silenzio a pensare se la gazzetta fosse una strega o qualche cosa diabolica che spiasse e sapesse i fatti altrui. Se non che finalmente una, stanca di tacere quasi un’ora, balzata repentinamente in piedi, esclamò: Orsù via, bene, poiché questa gazzetta nota tutto, io dico ch’essa è una solenne C ..... noti anche questo e lo stampi. Questo fu il proemio per riaprire i ragionamenti, e tutto il giorno non si fece altro che borbottare del fatto vostro.»
XXI.
Modo con cui un condannato fuggì dalle carceri.
Non è cosa che più desideri l’uomo della sua libertà, e all’incontro non è cosa ch’egli cerchi continuamente di perdere più di questa. In ogni condizione di vita si veggono persone che si legano e subito cercano di slegarsi; poi si rilegano, poi si pentono di nuovo. Ad un giovane par essere un da poco se non ha moglie, e si annoda nel vincolo soave che gli fa perdere la pazienza di là ad una settimana. Un altro che può liberamente vivere, gli par di morire se non s’innamora, e a poco a poco entra nel gineprajo, e trovando mille avviluppamenti, vorrebbe essere un’altra volta come prima. Ma quelli che peggio fanno di tutti, sono coloro i quali potendo con qualche lavoro o ingegno vivere finchè a Dio piace, fanno tanto, che si trovano legati in una prigionia. So dire che, come sono entrati, par loro strano che tutti gli altri possano vedere il sole intero, ed essi solamente per le inferrate a scacchi; e non è cosa che non tentino per uscire di là dove sono entrati; ma a pochi riesce, come avvenne ad uno in una città poco di qua lontana a’ passati giorni.