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48 NOVELLA XXVII.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novellette e racconti.djvu{{padleft:58|3|0]]a casa con due occhiacci che parea una civetta e appena potea favellare. Immagini ognuno la grata accoglienza che gli facea la moglie, la quale non sì tosto sentiva la chiave voltarsi nella serratura, che andata in capo della scala col gozzo di villanie ripieno, apriva la chiavica, e lasciava andare un’ondata d’ingiurie che lo coprivano da capo a’ piedi. Egli mezzo assordato e strano pel vino che avea in testa, le diceva altrettanto con una favella mezza mozza e poi si metteva a dormire. Finalmente andò tanto innanzi la faccenda, che poco si vedeano più, perchè il marito stava da sè solo anche la notte; e talvolta anche più non veniva a casa, ma dormiva alla taverna. La donna, disperata di quest’ultima vendetta, andò ad una buona femmina, che facea professione di bacchettona, e le chiese consiglio: questa, per abbreviarla, le diede una cert’ampolla di acqua limpidissima che ella dicea di avere avuta da un pellegrino venuto di oltremare, di grandissima virtù, e le disse che quando il marito suo venisse a casa, se n’empiesse incontanente la bocca e si guardasse molto bene dall’inghiottirla o sputarla fuori, ma la tenesse ben salda; e tale sperienza facesse più volte, e poi le rendesse conto della riuscita. La donna, presa l’ampolla, e ringraziatala cordialmente, e ne andò a casa sua, e attendeva il marito per far prova della mirabile acqua che a lei era stata data. Ed ecco che il marito picchia, ed ella, empiutasi la bocca, va ad aprire. Sale il marito, mezzo timoroso dell’usata canzone, si meraviglia di trovarla cheta come olio: dice due parole, ed ella niente: il marito le domanda, Ch’è? ed ella gli fa atti cortesi e buon occhio, e zitto: il marito si rallegra; ella dice fra sè: Ecco l’effetto dell’acqua; e si consola. La pace fu fatta. Durò l’acqua più dì, e sempre vi fu un’armonia che pareano due colombe: il marito non usciva più di casa, tutto era consolazione. Ma venuta meno l’acqua dell’ampolla, eccoti di nuovo in campo la zuffa. La donna ricorre alla bacchettona di nuovo, e quella dice: Oimè! rotto è il vaso dove

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