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72 | novella xliii. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Novellette e racconti.djvu{{padleft:82|3|0]]il pizzicore della bile; n’esce il segreto. Io mi sono chiarito di ciò sabato dopo pranzo in una certa Calle, della quale non dirò il nome, perch’io ho avuto troppa briga fino a qui, per averne nominato alcuni ne’ fogli passati. Stavasi quivi una femminetta tutta attenta e occupata a ripulire la sua casa e le masserizie per occasione di una certa sagra, e avea fatto netto ogni cosa come uno specchio. Quando eccoti una sua vicina e comare che viene, e chiedele in prestanza un secchione, chè la volea andare per acqua. Comare, risponde la diligente femminetta, io ho durata tanta fatica fino a qui a rinettare e lisciare i vasi e le masserizie mie, ch’io non ve ne potrei dare: ecci quel secchione colà solo lasciato da parte, ma quello è per uso mio, e gli altri per ora non voglio che sieno bagnati. La comare, punta della negativa, volta le spalle borbottando e si lascia uscir di bocca queste parole: Vedi superbia di costei, dappoichè con l’ajuto degli amici l’è uscita de’ cenci, la non si ricorda più quando co’ capelli arruffati e cenciosa la ne veniva all’uscio mio a tempestarmi gli orecchi tutto il dì, perch’io le prestassi fino all’aria che respira: noi siamo oggidì scambiate, per grazia del Cielo e degli amici. L’altra, che non era nè sorda nè mutola, udendo queste parole, esce con le mani a’ fianchi sull’uscio e comincia a dimenticarsi l’amore del prossimo: Che amici o non amici? diceva ella: io ho ben udito sì quello che tu detto hai, chè non ho impeciati gli orecchi; ma nettati i piedi tu prima di parlare delle femmine dabbene: che se io avessi voglia di mormorazioni, potrei dire sì e sì: ma io non sono donna da mordere altrui. Sfogati pure, dicea la comare, ch’io ti lascio dire a tua posta, avendo testimonio de’ falli miei la contrada. Ma tu ..... e mano alle forbici. In breve (dicendo sempre caritativamente che le non voleano mormorare nè l’una nè l’altra) si scopersero in pubblico fino a’ pensieri, avendo intorno, come si usa, una calca di circostanti che stavano quivi a ridere e ad ascoltare, e crescevano sempre. Questa