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92 cesare cantù

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Per due giorni, alla sua porta, una domestica mi rispose che egli era in letto e, fino a nuovo ordine del suo medico, non si sarebbe alzato.

Ma non mi sono scoraggito e stamane finalmente l’ho veduto.

La casa ove egli abita è vecchia, e il cortile è oscuro e ha pilastri di pietra peperigna. Presso la scala al piano terreno è una piccola porta a vetri, su la quale nessun nome è indicato. La solita domestica mi ha aperto e mi ha ammesso in una piccola sala, dove ho atteso.

La sala ha su le mura ornate di carta verde scolorita molte incisioni vecchie, e tra le cornici di quelle incisioni e i vetri che le difendono, spuntano molte carte da visita fatte gialle e quasi illeggibili dal tempo. Ho visto carte, di Terenzio Mamiani, di Vincenzo Gioberti, di Pasquale Stanislao Mancini, del Lamartine, del Rossini, dell’Hugo. Sopra una carta del Lamartine è scritto con un carattere tremulo e pure rigido quale la penna d’oca o le

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