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142 | giovanni pascoli |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ojetti - Alla scoperta dei letterati.djvu{{padleft:160|3|0]]amante della solitudine per aver bene conosciuto gli uomini. Quando parla dell’arte sua, comincia a passeggiare per lungo e per largo la stanza, così da obbligare allo stesso esercizio anche il suo interlocutore, se pur questi non preferisce un giramento di testa.
La sua poesia, come i lettori delle Myricæ ben sanno, è tutta semplice, sobria: su due argomenti vive principalmente, l’affetto che unisce le persone di una stessa famiglia, e il paesaggio campestre osservato con acume di poeta fino nelle minime luci e nelle minime ombre. M’han detto che il Pascoli abbia da giovine perduto il padre tragicamente; da pochi anni la madre lo ha seguito al camposanto, ch’egli invoca così:
O casa di mia gente, unica e mesta,
O casa di mio padre, ultima e muta,
Dove l’inonda e muove la tempesta...
E quelle tombe sinistramente dominano tutta la poesia sua a ogni foglio, a ogni