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Oreste si versò un ultimo bicchiere di vin bianco; scelse su la mensa scomposta pel desinare appena finito un pezzo di pane fresco e lo mangiò dopo averlo immerso nel vino; poi borbottò: – Qui si soffoca... – e si rimboccò le maniche della camicia fino al gomito e si sbottonò la goletta. Attese un attimo, poi impaziente chiamò:

— Anna, ci vuol tanto tempo per trovare un sigaro? La moglie rientrò rossa in viso, ansimando. Era grassa e bassa, ma giovane e rosea. Oreste accese il sigaro, Anna restò a fissare su la tavola un bicchiere che scintillava. Quando il sigaro fu acceso, Oreste andò sul sofà, si adagiò tutto lungo comodamente, e, pure aspirando le prime boccate di fumo, senza guardare la moglie, ripetè: — Dunque il forestiero arriva alle cinque. Spiegamoci bene. Anna taceva, fissando il bicchiere che scintillava sulla tovaglia bianca. Oreste voltò un poco la testa così da scorgere lei di traverso: — Anna, stammi a sentire. Non t’addormir su la tavola. Vogliamo andare a letto? — No – rispose Anna recisamente. — Dunque, ascolta bene. Il forestiero andrà subito

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