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quel breve tratto di strada che era sotto gli occhi di lei: certamente per farsi notare da lei, che però non aveva mai osato di levare recisamente gli occhi dal ricamo.

Ma per sfortuna Oreste veniva da Spoleto in villa, proprio la domenica quando più gente scendeva dalla città giù nella valle; e – quando c’era Oreste – ella doveva restare con lui a far la buona sposina, a parlar di danari e a liticare. Quando furono quasi le quattro del pomeriggio, la voce stridula della contadina che chiamava a raccolta il pollame per gettargli il cruschello e il grano guasto svegliò marito e moglie. — Pulle, pulle, pulle... Pipé, pipé, pipé... Piiipeee... Oreste borbottò sfregandosi gli occhi e la fronte madida: — Anna, sarà tardi? Assunta dà da mangiare ai polli. — Sarà tardi? – domandò Anna precipitosamente levandosi a sedere sul letto. — Eh, eh che fretta! Hai paura di non giungere a tempo a veder l’arrivo del tuo pittorello? Guarda che ora è. — Dov’è l’orologio? – domandò Anna, sdraiandosi nuovamente. — È rimasto nel panciotto. Guarda lì su la sedia, accanto alla finestra – rispose Oreste immobile.

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