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Così ella pensò che era tempo di scendere dal letto e di abbigliarsi; anzi credette tra quelle fantasticherie di essere in ritardo.

Guardò l’orologio del marito: eran le quattro e mezza. Aprì l’armadio dei tre vestiti e scelse quello bianco e si strinse la vita nella cintura turchina dell’abito turchino. «Questo percalle a distanza sembra seta,» pensò guardando quel color cilestro vivo nel bianco. E si pettinò e nei capelli mise due forcine di tartaruga lavorata, mentre per lo più ne aveva una sola, poi si dette un po’ di cipria. Si guardò e si riguardò nello specchio e parve soddisfatta di sè. Quando fu su la porta, pensò che, come sempre soleva in campagna, non aveva orecchini. Pure da Spoleto aveva portato gli orecchini di brillanti, tanti brillanti piccoli legati a rosa, così da dar sotto la luce piena l’impressione di due pietre intere. Tornò al comò, li tolse dalla teca. «E se Oreste se ne inquietasse? È meglio lasciarli lì.» E scese senza orecchini, e il cuore le batteva più celere. La strada era bianca di sole e di polvere. Non si vedeva nè un uomo, nè una bestia: un infinito silenzio arido e candido. Anna pensò: «Quel povero giovane, venendo giù dalla stazione con

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