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sul comodino: due o tre portavano, manoscritto di traverso sulla copertina gialla il nome di Alberto Raggi, gli altri avevano un altro nome, Gaspare Montoro.
— Guardi i libri? Sono di Montoro, del nonno – e Bianca sorrise. – Anche Montoro lo chiamiamo nonno perchè è vecchio, ma mica mi è nonno. Glie l’ha messo Bebbo questo nome. In uno dei libri Anna aveva letto: Alla mia Titì il suo vecchio. — E chi è Titì? — Sono io. Mi chiamavano così in... monastero. E prima di escire Bianca con una libertà spensierata caricò Anna di regali: i due lapis, un paio di legacci gialli e neri, una boccetta di Héliotrope blanc, un libro di Aurélien Scholl, un pacchetto di carta da lettere color di rosa pallida. E Anna si portò via tutto con un’ingordigia di servetta beneficata, ancora stupita dal mondo nuovo, temendo solo d’incontrare per le scale il pittore. Questi passatempi durarono altri quattro giorni. Bianca appena esciva, correva da Anna e restava con lei molte ore. Bebbo aveva tranquillamente cominciato un quadro a poca distanza: una quercia