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— Vedremo, vedremo. Comincia.

Sul margine bianco del Corriere della Sera con la matita ci accingemmo a scrivere l’elenco. Tutti e due conoscevamo la vita di Lalla, parte a parte, per sue confidenze e per scienza nostra; e anche tutti e due volemmo cominciare la lista coi nomi nostri Lalla ci ammoni:

— No, no. Andiamo per ordine. Se no, me ne scordo qualcuno.

E cominciammo dal vecchio conte della Moia che l’aveva portata via dalla casa del padre. Lalla, distesa sopra una sedia lunga, con la sigaretta in mano, suggeriva con onesta semplicità i nomi senza titubare e fissava la caffettiera d’argento lucente per non distrarsi.

Qualche nome ci era ignoto e noi, cortesemente, non chiedemmo spiegazioni, scrivendolo imperturbabili. Al numero otto ella si arrestò:

— Giorgio.... Giorgio.... Come diavolo si chiamava?

— E chi lo sa?

Ça ne fait rien. Mettete Giorgio tout court. E tiriamo innanzi.

Al numero dodici disse:

— Sua Alt... — e si corresse — Mettete il Principe, senz’altro.

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