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— Volevo vedere se eri spettinato, – aggiunse con calma. — Perchè? Che vuoi dire? Perchè?, – ma ella era corsa via su per le scale, ridendo. A cena parlò di sarta, di tenore, di impresarii, di bauli, di busti bassi, di guanti senza bottoni e di calze traforate. Sabatino disse sempre sì. Arrivò il giorno della partenza per Foligno. La signora Armenia, presente Giacinta aveva ammonito Sabatino di restare a Roma: — Il marito in un debutto soffoca ogni entusiasmo del pubblico, aumenta l’ansia della cantante. In un paese dove bisogna tanto fondarsi sulla libera ammirazione dei militari, vedervi sempre alle coste di vostra moglie come una guardia di pubblica sicurezza, irrita il pubblico. Lo so... non siete geloso, caro! Voi siete un uomo di mondo, un’anima d’artista... E poi, anche se non l’accompagnassi io, Giacinta è donna che da sola saprebbe difendersi anche da un semplice sospetto. Io, pure, l’aiuterò ogni minuto. Manifesti, carte da visita, gente da ricevere e gente da mettere alla porta, mangiare in questa tavola piuttosto che in quella laggiù, escire alle sei invece che alle cinque e mezzo, mandare un telegramma invece d’una lettera, non lasciarsi spaventare dall’avarizia dell’impresario

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