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e dall’invidia dei colleghi, minacciare o pregare, piangere o ridere, vestirsi di chiaro o di nero, essere puntuale o arrivare solennemente mezz’ora dopo..., queste cose, lasciate fare a me, io le so. Se non l’età, caro, è l’esperienza...

Giacinta non badava più che a far vocalizzi, a tenere sempre in bocca una pastiglia di clorato, a lavarsi la gola con l’acqua salata, a coprirsi il collo con un fazzoletto di seta, puntuale, diligente, taciturna e raccolta, appena un poco ironica nel sorridere. Le due donne partirono col treno di mezzogiorno il venti di luglio sotto un sole tale che le najadi della fontana di Termini pareva sudassero nella loro ben disposta pinguedine invece che gettare acqua in faccia al pubblico come si conviene a divinità più o meno marine. Tre bauli per Giacinta, uno in pelle di cignale molto spelato per la maestra. Sabatino si commosse un poco e, tornando, stanco del viavai dal bigliettajo al bagagliajo, dal giornalajo al sigarajo, si fermò sotto il portico dell’Esedra a succhiar con la paglia una limonata «di vero limone». I dorsi delle najadi luccicavano madidi, al sole; tutti i selci della piazza ardevano; i lecci dell’alberata intorno al giardinetto erano immobili, di bronzo come le statue così deliziosamente rotonde... ...

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