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centesima volta il grido d’orrore finale di Alfredo e degli altri sopra Violetta morta: « – Oh mio dolor! – Oh rio dolor!»
Veramente quella parentesi in favore della signora Armenia non aveva macchiato il candore della sua ammirazione per Giacinta. Era stato un peccato necessario, nel nome sacrosanto dell’arte. Come quelli durante la gestazione o l’allattamento, sarebbe stato da qualunque più rigido confessore perdonato a qualunque marito. Giacinta, Giacinta sola... Presso la candela in anticamera la serva aveva appoggiato un telegramma: «Trionfo frenetico. Trenta chiamate. Ovazione uscita teatro. Non venire ancóra. Giacinta, Armenia». Povero Sabatino posata la candela per terra, cascò sulla sedia lì in anticamera, e col telegramma sulle ginocchia cominciò rimbambolato di beatitudine a piangere di consolazione, guardando il pavimento. La gloria era su lui. La mattina dopo giunse in ufficio prima d’ogni altro. Aveva comprato due o tre giornali senza trovarvi una parola su Foligno e la Traviata. La sua pena minuscola in quel mare di letizia era di