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L’avara
Due anni fa, tornando da Roma qui a villeggiare, trovai a metà del paese un nuovo caffè con l’insegna di bandone rosso sulla porta verde, con otto o dieci seggiolini di ferro intorno a due o tre tavolini lungo la strada, e dentro vidi carte a fiorami gialli e rossi e verdi su le pareti, e un banco verniciato in azzurro e lunghi armadii azzurri con bicchieri, bottiglie, tazze, cioccolatine e paste dure. Ma più mi meravigliai quando dietro al banco vidi Angelo soprannominato Vinonero che per tanti anni avevo veduto fuori delle osterie sporco e lacero e indolente guardare l’erba crescere tra il lastrico al sole. Ora egli mi salutava con aria affabile, era roseo e ben raso, aveva una ca-