< Pagina:Ojetti - Le vie del peccato.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

— 15 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ojetti - Le vie del peccato.djvu{{padleft:29|3|0]]— come leggevamo in convento sui libri di racconti morali — è un fiore che vale nulla quando ha perduto il suo profumo.

Sì, sì, sì. Persuaditene. Tu sei capace di piangere adesso leggendomi, e avresti ragione perchè la colpa non è mia ma degli altri, e io sono stata spinta là a via Palazzuolo, a casa di Giannino da cento mani villane e invisibili, non dalla mia volontà e meno dal mio desiderio. Leggi, leggi innanzi. Ti dirò tutto.

Io t’avevo ascoltata, ero venuta a Firenze perchè da tre o quattro mesi tutti a Roma dicevano che io ero l’amante del capitano Marini, e a casa Varano, mentre io ballavo con lui, mio marito se l’era sentito dire alle spalle da due imbecilli che non lo conoscevano e malignavano a loro agio su tutte le signore presenti, giovani e vecchie, oneste e disoneste, ragazze e maritate. Marini stesso che era un gentiluomo, non era venuto più a vedermi e, quando m’incontrava, mi sfuggiva tanto che subito si cominciò a vociferare che non mi cercava più in pubblico perchè aveva agio di vedermi a lungo in privato. Mio marito, sempre buono e fiducioso, mi narrava queste voci e mi mostrava le solite letterucce anonime, una delle quali mostrai anche a te perchè mi parve di riconoscervi la

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.