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infame! Perchè l’hai fatto?
— Non l’ho fatto apposta, Lauretta mia. Non l’ho fatto apposta, te lo giuro. E la colpa non è mia. La donna, sentendosi padrona, esagerava il suo potere, ora lo squadrava da capo a piedi, ora andava innanzi sdegnosamente come un precettore che trascini per la mano a scuola un bambino svogliato e sgridato. — La colpa non è stata mia. È stata di lei. — Vigliacco! — No, te lo giuro. È stata lei la prima, alla tombola dal Pinzi. — Da allora? — Sì, sì. Ti dirò tutto, io... Ti confesserò tutto... — Non qui. A casa. Svelto, cammina! — Sì, vengo, vengo. Ma credimi non l’ho fatto apposta. Non lo farò più... Lauretta ancora lo dominò con uno sguardo da capo a piedi, si arrestò a mezza via: — Abbottònati, spudorato. Egli obbedì, confuso, con le mani tremolanti. A casa Lauretta volle saper tutto, e Gigi senza occhiali, guardandola con lo sguardo vuoto dei miopi, tra due singulti narrò tutto: la tentazione