< Pagina:Ojetti - Le vie del peccato.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

— 66 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ojetti - Le vie del peccato.djvu{{padleft:76|3|0]]deva da Trevi a Spoleto tutta la valle oscura, che appariva morta deserta primordiale, e si vedevano presso San Giacomo lungo la strada corriera più bianca della neve, i prati verdi che il vento aveva denudati del mantello bianco, e in mezzo ad essi due vaste pozze gelate lucenti più che qualunque altra cosa in vista, tanto lucenti che la luce pareva irradiare scialba da esse.

Biagio proseguiva con la zappa prima e poi con la pala monotonamente il suo lavoro; gli era mèta in fondo un cespuglietto nudo di rovi tra i quali splendevano quattro bacche rosse di rosa canina, oscillando all’aria. Coperto d’un lungo camice bianco di tela rozza e pesante, spesso si interrompeva per riscaldarsi col fiato le mani enormi callose e ruvide sul dorso come una corteccia vegetale.

A un punto, essendo caduto il vento, il freddo divenne così vivo che egli uscì dalla fossa che scavava e andò verso un cumulo di sassi radunati fuor dal terreno ghiaioso nei tre giorni di lavoro, e al riparo del cumulo contro il vento accese con sterpi e stoppie un po’ di fuoco. Salì la colonna del fumo diritta verso il cielo, stracciandosi in alto per la rabbia della tramontana, e Biagio, avendo col lembo del camice sventolato il fuoco,

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.