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studente accorto che avevano la forma del petto e del ventre d’una donna incinta, di mese in mese, finchè nell’ultimo da una voluta sul ventre spianato sboccia ridendo il pargolo neonato. Ma con la coda dell’occhio non lasciavo i miei tre compagni, e d’un tratto scorsi, dietro le due donne che cercavano di nasconderlo, il deputato piegarsi furtivamente a deporre anche lui un bacio fuggevole sul piede di San Pietro. Fu un attimo.

— Dottore, dottore.... – mi chiamava Leda. M’avvicinai come se niente avessi veduto, e proposi di terminare il giro della chiesa. Flora e Micio erano distratti, lui goffo e confuso, lei accesa in viso e riconoscente e amorosa così che se lo teneva per una mano come un bambino. Il deputato si riprese súbito, aggrottò le ciglia, guardò l’ora ed esclamò rotondo: — Perdìo, mancano venti minuti alle undici e devo andare a prendere i compagni all’albergo del Parlamento. Non ci avviammo, fuggimmo. Solo sulla porta della basilica Flora si volse indietro e contemplando con un piccolo sospiro quell’immensità, concluse: — È più bello della Scala. Così in un lampo ella mi rivelò il primo movente della sua ammirazione e adorazione infantile per la Basilica, e l’unità della sua anima gentile. — Presto, presto, – ripeteva Catini, facendo di gran segni con le sue braccia all’automobile

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